Ottobre: Rossetti e la Zucca

Articolo, Ricetta

Ottobre è, ormai, il mese della zucca… Fra i piatti regionali tipici della penisola in cui quella è l’ingrediente principale non si può non citare i Cappellacci di zucca alla ferrarese che hanno origine antica se consideriamo che la prima menzione a stampa si trova nello Scalco del Rossetti, la cui prima, mitica, edizione data al 1584. Vediamo da vicino l’esemplare in collezione Garum:

In-4° (mm 204×150). Pagine [16], 547 [i.e. 549], [3]. Marca tipografica xilografica al frontespizio. Capilettera, testatine e finalini xilografici. Legatura coeva in pergamena floscia, dorso anticamente rinforzato con titolo manoscritto. Al recto della carta di guardia anteriore nota di possesso manoscritta ‘Benedetto di Paolo’.

Edizione originale di questo celebre trattato, vero e proprio compendio di tutta la letteratura culinaria apparsa durante il Cinquecento. L’Autore, Giovanni Battista Rossetti, fu scalco e organizzatore dei banchetti alla corte del duca di Ferrara Alfonso II d’Este. Egli è ricordato in particolare per l’ideazione del tortello di zucca. I testi realizzati da figure quali il Rossetti, che operò dopo il Messisbugo alla corte estense, hanno oggi una grande importanza storiografica, in quanto la loro preparazione multidisciplinare fornisce uno spaccato di vita quotidiana, confermando l’agio delle famiglie nobiliari. In questo libro lo scalco Rossetti, loda l’abilità dei cuochi francesi e tedeschi in materia di vivande, condimenti e salse, precisando però che molto di tutto ciò lo hanno “imparato da nostri cuochi d’Italia”, riducendolo “a ottima perfezione” con l’aggiungervi “una nuova politezza”.

Ma chi è lo Scalco?
Vestito di nero con un ampio cappello piumato e corto spadino al fianco egli è l’abile regista di quel composito spettacolo che vede i convitati seduti a tavola nel ruolo di consumati attori ed allo stesso tempo di attenti spettatori. Egli sceglie la disposizione dei piatti da portata che verranno posti sulle tavole in funzione di una perfetta simmetria di forme e di contenuti, coordina i vari accostamenti, indica al trinciante l’ordine con il quale le varie vivande devono venir tagliate, fissa il ritmo delle portate, determina le precedenze nel servizio sulla base della nobiltà e del rango dei singoli invitati, coordina il cambio delle tovaglie e dei tovaglioli alla fine di ogni servizio, provvede a far ritirare prontamente i piatti da portata vuoti ed a farli sostituire con altri sempre differenti affinchè la tavola conservi un’armonica visione d’insieme.

Rossetti, Dello Scalco, 1584
Rossetti, Dello Scalco, 1584

L’opera contiene inoltre una grande quantità di ricette, spesso innovative ed alcune in uso a tutt’oggi. Troviamo qui infatti i primi riferimenti ai “tortelli di zucca con il butirro”. Gli ingredienti sono gli stessi della ricetta attuale se non fosse per l’aggiunta di alcune spezie, come lo zenzero ed il pepe, oggi cadute in disuso ma all’epoca particolarmente diffuse. Il fatto che i “tortelli di ucche, e di puina in butiro” siano citati all’interno del Terzo servizio effettuato in occasione di un “Banchetto à tavole tonde di carne à Principi Tedeschi” ci fa capire come i “Cappellacci di zucca ferraresi” (allora detti anche tortelli), erano considerati preparazioni di lusso e prestigio, nonostante l’ingrediente “povero” del ripieno, ed in ogni caso degne di essere servite a tavola nelle occasioni ufficiali. I “Cappellacci di zucca” si differenziano dai Cappelletti bolognesi o modenesi non solo per la composizione del ripieno ma anche per le dimensioni maggiori della forma: da qui l’origine del termine dialettale ferrarese caplaz ovvero tortelloni, con il quale i ferraresi identificano il prodotto.

Non bisogna però dimenticare che già nel 1544 era stata data una ricetta a stampa di una versione dei ‘Turtell’ dal cuoco degli Este, Cristoforo Messisbugo, ma si parla d’altro tipo di composizione… Ecco la ricetta originale dei “Tortelletti alla Lombarda” del Messisbugo:

“Piglierai bieta ben lavata & trita e la soffriggerai in oncie sei di butiro fresco, avvertendo che non pigli il fumo, e poi che serà soffritta la lasciarai raffreddare alquanto, poi la porrai in un vaso con libre due di buon Formaggio duro ben grattato, e uova quattro, e zuccaro oncie quattro, e pevere un quarto, e Cannella oncia una, e incoporarai bene ogni cosa insieme, poi farai la tua spoglia con un poco di butiro & un’uova facendo poi i tuoi Tortelli longhi, i quali cuocerai nel buono brodo da grasso, e da magro nell’acqua col butiro, e poi che seranno imbanditi, li porrai sopra di buon formaggio grattato libra una e di pevere un quarto, e di zuccaro oncie tre. Mescelato insieme ogni cosa, e poi che seranno per imbandirsi li coprirai con gli altri piatti, e li porrai sopra il cenere caldo, si che stiano caldi fino à tanto che li vorrai mandare in tavola, e avvertisi che de tali tortelli se ne puote servire, e soli, e per coprire capponi, anatre, pizzoni & altro che si voglia”.

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