Breve storia dello Zampone

Articolo, Ricetta

‘Nell’immaginario collettivo della gastronomia italiana, Modena è sinonimo di zampone […] Cibo semplicissimo, da mangiare bollito o al massimo arrostito con un filo di farina addosso: eventualmente svuotato per metterci dentro qualche farcia o qualche intingolo come ancor oggi proclama la ricetta che, nei circoli più raffinati della cucina internazionale, prende il nome dalla cittadina francese di Sainte Menehould nella Champagne. Ma che la farcia dovesse essere tratta dalle altre parti del maiale, con oculato dosaggio tra carni nobili e vili, in modo da utilizzare in primo luogo grasso e cotenne, perché nulla andasse perduto ma tutto fosse amalgamato e pastoso, non fu un’intuizione lampante né una scoperta da poco’ (Barberis).

Leggenda vuole che nel 1511 durante l’assedio delle truppe pontificie di papa Giulio II al castello di Mirandola (fra il 19 dicembre 1510 e il 20 gennaio 1511), per non sfruttare le poche risorse cerealicole ancora presenti in città i cittadini decisero di macellare tutti i maiali presenti nel castello, anche per non lasciarli al sacco dei papalini. Ma come conservare le carni? Uno dei uno dei cuochi al servizio di Pico della Mirandola ebbe un’idea: ‘Macelliamo gli animali, e infiliamo la carne più magra in un involucro formato dalla pelle delle sue zampe. Così non marcirà, e la potremo conservare. Per cuocerla più avanti’. Così nacque lo zampone, o zampetto o manicotto come veniva chiamato all’epoca.

La breve durata dell’assedio, la consapevolezza dei cittadini durante lo stesso che non sarebbe certo durato a lungo quell’assedio ed il successivo silenzio caduto sullo Zampone, destano più di una perplessità e di un sospetto sulla veridicità della storia che si racconta. Ci avverte ancora Barberis: ‘Abbiamo – è vero – la testimonianza di Vincenzo Tanara, il bolognese autore de L’economia del cittadino in villa (1644), resa sotto la voce zampetto e con una percentuale di sale del 4% che oggi si riterrebbe eccessiva [libro III, par. 94: ‘s’empie di grugni di Porco, orecchie, altri zampetti, tutti triti e misticati con l’aggiunta di sale lib. una per ogni lib. venticinque di queste robbe e anice quattro di pepe ammaccato, si chiude con ago ogni loro rottura, si lega di sopra e si asciuga come si dirà dei salami’ n.d.R.]’.
Ma il documento più noto e citato è sicuramente è il poemetto La salameide (1772, p. LXIII, stanze XXXVII-XXXVIII) del letterato ferrarese Antonio Frizzi che, volendo rivendicare alla sua città la primogenitura del cotechino scrive:

‘Col nostro cotechin come fratello
di Modena il zampetto a par cammina.
La camicia ha costui non di budello;
ma della stessa cotica porcina.
Scortica il Geminian destro, e bel bello
La coscia, ovver la spalla, ove confina
Co lo spicchio del petto, e il cuojo stacca
Intorno col peduccio, e fa una sacca;
In cui trita la cotica condensa’

Di Zampetti poi parleranno ancora il Leonardi nell’Apicio moderno (1790, II, p. 229) – per il quale si trattava ancora di cuocere “metà nervetti di maiale, che si mettono a parte quando si fanno le mortadelle, e salami, e l’altra metà cotene di maiale […] e poi si tritano ma le cotenne non tanto fine quanto per i cotechini” – seguito dal cuoco di Maria Luigia di Parma Vincenzo Agnoletti nel suo Manuale del cuoco e del pasticciere, (1832, I, p.156) che ne rivela la prima ricetta codificata sotto il titolo di Zampetti di maiale secondo il vero modo che si fanno in Modena:

Agnoletti, La prima ricetta dello Zampone
Agnoletti, La prima ricetta dello Zampone

‘Tritate quattro libbre di buona carne di maiale magra con due libre di lardo fresco, e sei libre di cotenne mezze cotte, condite con sei once di sale, un’oncia di pepe ammaccato grossamente, due once di cannella pesta, un’oncia di coriandoli, un’ottava di garofani, e quattro noci moscate tutto in polvere, riempiteci i zampi di maiale disossati, cuciteli e fateli bene asciugare’

Ma la vera svolta gastronomica del cotechino si ha probabilmente con l’apertura del salumificio Bellentani (1821), visto anche che la famosa lettera di Rossini datata 28 dicembre 1853 e ad esso indirizzata parla ormai di zamponi:

‘Il Cigno detto di Pesaro all’Aquila dei Salsamentari Estensi.
Voi avete voluto spiegare un volo altissimo per me, privilegiandomi di Zamponi e Cappelletti appositamente lavorati; ed è ben giusto che io, come dal basso delle Patrie Paludi dell’antica Padusa, sollevi un rauco grido di speciale ringraziamento verso di voi […] Voi sapete toccare certi tasti che soddisfano il palato giudice più sicuro dell’orecchio…’
(Arrighi, pp.121-122).

E anche la ricetta si va evolvendo: ‘nel 1866 un almanacco popolare modenese rovescia le proporzioni: carne scelta (sic!) di maiale per due terzi, cotenne per un terzo (F. Mantovi, Folklore e Gastronomia fra Secchia e Panaro, Modena 1968, pag. 213). Lo zampone si avvia verso il lusso. Un cammino in pieno svolgimento visto che A. Govi, V. Preti e L. Zanfi (Il signor porco, Modena 1977) accertano una riduzione delle cotenne al 20% soltanto, pur corretta dall’immissione di un certo quantitativo di gola, più adatta di altri grassi a farne le veci. […] La maggiore ricchezza dell’impasto spiega, fin dall’Ottocento, la frenesia delle gentili signore che aspettano solo la fine dell’estate, fissata al giorno di S. Michele (29 settembre), per riapprovigionarsi del prestigioso salume, a scorno delle riprovazioni dei medici (G. Maioli, Civiltà della tavola a Modena, Bologna 1985) […]” (I Salumi)

 

Bibliografia:
Corrado Barberis, Mangitalia: la storia d’Italia servita in tavola, pp. 99-100; Gino Arrighi, Zamponi cappelletti e… musica una lettera di Rossini a Bellentani, in La Fardelliana, 3 (1986); INSOR – Istituto Nazionale di Sociologia Rurale, I Salumi, collana Atlante dei prodotti tipici, 2002, p. 439;
Maioli – Roversi, Civiltà della tavola a Bologna, 1981, p. 306; bando Farnese Govi – Preti – Zanfi, Il signor porco, 1977, p. 39.
sulla leggenda dell’invenzione vedasi anche anche Bellei, Modena a tavola, 1986, passim; Cremonini – Tamburini, Maiali si nasce, salami si diventa, Edizioni Pendragon, 2010, p. 84.

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